Il buco del lupo
Sono le 11. Con Simone ho appena finito di caricare tre manze sul suo camioncino trasporto bestiame. Dobbiamo portarle nei pascoli sotto la strada fondovalle dove prima c’erano i tori fuggiti dal fiume Panaro tre giorni fa. Sono giovani ma sono già in calore, non possono più stare con il toro. Sono seduto con lui sul camioncino mentre usciamo dal cancello di casa mia, e stiamo passando a fianco del noceto dove ho messo le pecore ieri sera.
“Fermati, fermati. C’è una pecora in mezzo alle noci a gambe all’aria. Cazzo, cazzo, cazzo, vuoi vedere che sono tornati i lupi? Fanculo fanculo fanculo…”
Premessa: Simone si era fermato a casa mia anche ieri mattina. Era arrivato mentre Alessia, la veterinaria di Montese, stava finendo di compilare i libretti sanitari dei cuccioli mastini abruzzesi di Brina, ormai di due mesi. Appena sceso dal camioncino mi aveva detto:
“Guarda che c’è una mucca che secondo me sta partorendo. Senti come muggisce?”
“Si, stavo per andar la, appena Alessia avesse finito. Andiamo subito. Vieni con me, che sei più esperto di me”
Avevo preso la Fiat Uno ed eravamo andati nel podere chiamato Campi Nuovi, dove stavano le mucche, qualche centinaio di metri da casa. La mucca che muggiva non si era capito perché lo facesse, ma ce n’era un’altra che aveva appena partorito un bel vitello bianco e rosso. Intanto il toro, di quasi tre anni, ormai un gigante, provava a montare una vitella di 10 mesi, veramente troppo giovane per rimanere gravida, ma sicuramente in calore. Pioveva. Eravamo tornati a casa così senza fare altro, rimandando a dopo pranzo lo spostamento della mandria. Dovevo mettere a coperto il vitello con sua madre, e dividere le manze dal toro. Per far arrivare le mucche in stalla dovevo però farle passare nel campo a fianco casa. In quel momento lì avevo le pecore. Quindi ieri pomeriggio avevo spostato le pecore nel noceto, sempre vicino a casa, ma dalla parte opposta. Li c’era tanta erba. La settimana prima avevo pulito tutte le reti, sistemato gli argini, controllato che non ci fossero buchi né sotto né nella rete. La corrente elettrica funzionava, tutto a posto, posto sicuro. Ecco perché le pecore stavano lì nelle noci. Fine della premessa.
“Dai, adesso portiamo giù le manze, che non va bene stiano troppo sul camion e io devo andare a casa. Poi vai a vedere cosa è successo, tanto ormai non cambia niente”.
Scaricate le manze nei recinti sotto strada, saluto Simone e salgo a piedi verso casa. Voglio attraversare i pascoli dove le pecore stavano qualche giorno fa, non sia mai che ne trovi delle uccise anche li… Non trovo niente, ma nel compenso mi bagno. E’ un percorso di circa un chilometro e piove.
Arrivo a casa, passo oltre ed arrivo nel noceto che è circa mezzogiorno. La mia speranza è quella di aver visto male la pecora dal camioncino, o che la pecora sia morta improvvisamente per qualche altro motivo diverso dai lupi. Ma niente, quando ci arrivo sopra devo rassegnarmi, sono proprio stati i lupi. Ci sono morsi nel collo, e anche in una coscia, anche se della pecora non hanno mangiato nulla. Poco più sopra ne vedo un’altra. Questa invece è praticamente tutta divorata. Più lontano ce n’è una terza. Anche questa è solo morsicata.
“Posso capire che siano entrati un mese fa, che c’era un argine franato nel recinto. Ma questa volta era tutto perfetto. Ma che cosa posso più fare…”.
Prima di scendere a casa decido comunque di controllare tutto il recinto esterno di quel appezzamento di pascolo. Qualche centinaio di metri. Magari trovo qualche problema nel recinto che giustifichi l’accaduto. Ma niente. E’ tutto perfetto. Nessun buco sotto la rete, filo di corrente sopra integro e funzionante (ma quello lo sapevo già, la corrente arriva alla spia di controllo che ho a casa).
Sono avvilito, trattengo a stento le lacrime. L’unica spiegazione che riesco a darmi per l’accaduto è che siano entrati scavalcando incuranti della corrente.
“Se non hanno più paura neanche della corrente, non c’è più alcuna possibilità di difesa. Ho resistito diciotto anni in questa situazione, ma bisogna che io mi arrenda. Arrivato a sessant’anni non posso più avere amarezze di questo tipo. Non ne ho neanche bisogno, ho anche altre attività”
Ma sono anche molto molto arrabbiato. Scrivo immediatamente una email ad un amico che lavora in assessorato a Bologna, raccontando l’ennesimo episodio e il mio sconforto per l’evidenza che di fronte ad animali così determinati non ci sia più difesa. Ma preannunciando anche una mia chiusura non silente. “Questo è un vero esproprio non pagato di una proprietà privata dove nonostante gli investimenti fatti per produrre, e quelli successivi per difendersi, non è rimasta altra alternativa che chiudere tutto. Non è una cosa giusta, in un mondo civile i proprietari degli animali sono responsabili dei danni che fanno, non come fa lo Stato con i suoi. Troverò un avvocato esperto di queste cose e faremo valutare tutti i fatti degli ultimi 15 anni da un Giudice”.
Poi chiamo l’AUSL. Cerco la veterinaria che era venuta anche il mese scorso. Le spiego l’accaduto. Mi richiama dopo dieci minuti.
“Alle 14.30 sarò li. Lascia le pecore dove le hai trovate”
La veterinaria è molto giovane, o almeno così pare, ma estremamente esperta. Come aveva fatto anche l’altra volta, con il bisturi scopre la carne sotto alla pelle nei punti dove ci sono i segni dei morsi. E’ impressionante, anche per me che ne ho viste ormai di tutti i colori, vedere come, nonostante quello che da fuori sembrino solo piccoli fori, al interno ci sia la devastazione dei tessuti muscolari e venosi. Mi racconta che lavora anche con un contratto in Abruzzo, che da sempre è appassionata di selvatici e, non so come arriviamo a parlare di quella cosa, in passato si è anche dedicata per hobby alla tassidermia.
“Ma pensa te. Ho fatto anche io per anni l’imbalsamatore. Da ragazzino mi sono guadagnato da vivere così. Tu ti rendi conto di essere una donna molto molto strana, vero? Lo avevo già pensato quando ti avevo visto fare l’autopsia sui resti ormai putridi delle pecore uccise l’altra volta. Conosco veramente pochissima gente, anche uomini, che hanno uno stomaco in grado di fare cose così.“
Finito di fare le autopsie ci accorgiamo che da una parte ci sono ancora dei resti di pecora. E’ il rumine di quella parzialmente divorata. E’ vicino al recinto interno dell’appezzamento. Lì capiamo che i lupi non sono arrivati dal bosco dove avevo appena controllato il recinto. Sono arrivati dalla parte opposta! Il recinto interno infatti è stato mosso, qualcosa c’è passato sopra, ci sono brandelli di lana, e sangue, anche dalla parte opposta.
“Dovrò andare a controllare il recinto esterno anche per tutto il resto del perimetro. Magari trovo come mai sono entrati. Magari non sono passati sopra incuranti della corrente, magari è franato di nuovo qualcosa, boh…”
“Ho ancora un po’ di tempo prima di tornare in ufficio per fare il verbale. Vengo anche io con te.”
“Guarda che è un percorso molto accidentato. Credo che nessuno a parte me abbia mai fatto quella camminata. Sei sicura, hai le scarpe giuste? “
“Si, andiamo”.
Iniziamo a percorrere dal interno il recinto. Gran parte lo avevo già pulito dai rovi, una parte è ancora da pulire. In molti punti si vedono i tentativi di animali, anche da dentro, di passare sotto. Tutti vani, grazie al mio sistema anti-scavo. Il filo di corrente è perfettamente a posto, lontano dalla rete sotto, non c’è vegetazione che interferisca. Arriviamo nel punto più accidentato, un costone roccioso dove quando feci la recinzione fu difficile anche solo trovare dove mettere i pali.
“Guarda esattamente dove metto io metto i piedi tra un masso e l’altro, che questo percorso l’ho fatto tantissime volte, e fai uguale”
A metà del percorso tra un masso e l’altro c’è una tana profondissima. Si vede bene che è utilizzata. Quindici giorni prima, quando ero passato a controllare, avevo messo un sasso contro ed ora non c’è più.
“Probabilmente è un istrice. Dovrei metterci la video trappola, ma potrei sorprendere di nuovo quegli animali mentre si accoppiano come già mi è successo qualche anno fa”
“Veramente? Anche io ero riuscita a fare un filmato a due istrici mentre si accoppiavano”
Riprendiamo il cammino, arriviamo nel punto più alto, inizia la discesa. Nell’erba si scivola. Io davanti, lei dietro, ci attacchiamo uno alla volta alle piantine presenti per non cadere. Raggiungiamo un campo comodo, la discesa a fianco del recinto ora è tranquilla. Ancora nessun buco sotto la rete, il filo di corrente sempre a posto
Alla fine di un appezzamento passiamo in un’area di smistamento che uso per mandare gli animali da una parte o dall’altra. E qui scopriamo cosa è successo. C’è un buco enorme nella rete del recinto esterno!. È a fianco di un cancello che dà verso un crinale molto scosceso. Di fianco lei vede quello che viene chiamato “una fatta”, ovvero una cacca di lupo. Con la pioggia si è squagliata, ma lei riconosce il pelo di un capriolo. Non ci sono impronte, ma sicuramente sono entrati da li. Che siano riusciti a rompere quella rete è un fatto gravissimo, ma sono più contento così che se avessero invece scavalcato incuranti della corrente ad alta tensione.
Continuiamo l’esame del recinto esterno e poco più sotto troviamo un altro punto nel quale c’è un buco nella rete. Questo però è più piccolo, e lei vede un aculeo di un istrice. Non sono passati da qui.
Poi decidiamo di tornare dove ci sono i resti delle pecore. Per farlo senza salire e scendere troppo nei campi bagnati e scivolosi scavalchiamo a metà percorso un recinto interno dove sopra alla rete, come per gli altri, ho messo corrente e anche filo spinato. Lei è molto più piccola di me, ma in qualche modo riesce a passarci sopra senza farsi male. In cuor mio penso che non conosco comunque nessun’altro dipendente pubblico che avrebbe fatto una cosa del genere.
Esaminata di nuovo da parte sua la zona con i resti divorati scendiamo fino a casa e ci salutiamo.
“Le pecore ora le chiudo in stalla fino a febbraio. Vedrai che per motivi come questi non ci vediamo più.”
Scrivo una email di nuovo al mio amico in Regione a Bologna, dicendogli che prima mi sono sbagliato: non sono passati sopra fregandosene della corrente, ma hanno rotto la rete. Io pensavo fosse abbastanza grossa, evidentemente no. Ma cambia poco, perché una soluzione comunque non c’è. O meglio, c’è ma probabilmente costa troppo.
Chiamo un amico che lavora in un magazzino edile per controllare.
“Ciao Francesco, quanto costa la rete elettrosaldata di spessore 6 mm maglia 10 x 10 ?”
“Aspetta, controllo. Costa 32 euro al foglio di tre metri per due”
Un rapido conto, sono circa 10 euro al metro lineare per una recinzione come la mia alta due metri. Per fare un perimetro di tre chilometri – come ho io – servono – solo di materiali – oltre 30.000 euro. Non è una soluzione possibile. Non a mie spese.
Penso anche ad un’altra alternativa. Con un migliaio di euro probabilmente potrei mettere anche vicino a terra, diciamo ad una altezza di 30 cm, un altro filo di corrente. In questo modo tutta la recinzione, non solo in alto, verrebbe identificata dagli animali come pericolosa, perché passando a fianco prenderebbero la scossa. Il problema è la manutenzione successiva. Già faccio estrema fatica a tenere pulite le recinzioni dai rovi ora che devo badare solo che non arrivino al filo di corrente alto due metri, figuriamoci se dovessi tenere pulito tutti i recinti dalla vegetazione all’altezza di 20 cm. Economica da fare, impossibile poi da tenere in efficienza.
La terza alternativa è quella di cessare definitivamente di tenere pecore, acquistare al loro posto animali che sono meno sensibili ai lupi come gli asini, e tenere aperta la fattoria solo per continuare a prendere i contributi CE. Se la politica ha voluto questo epilogo per le aziende agricole assecondiamola… Ma sono comunque sdegnato.
Sono ormai le 17,30 e la giornata comunque non è finita. Voglio avere la prova che i lupi sono passati da quel buco. E, se posso, voglio anche insegnargli che è pericoloso. La mia video trappola, economica ma evidentemente scadente, la trovo però con l’involucro esterno crepato. Piove continuamente, montata così entrerebbe acqua e smetterebbe di funzionare. Mi invento quindi un sistema per ripararla, con fil di ferro e colla a caldo.
Sono pronto per andarla a montare che è già buio fitto. Luce frontale in testa, Daniela preoccupatissima che mi mangino i lupi anche a me che mi telefona ogni 10 minuti, pian piano a piedi ritorno sul buco.
Posiziono a terra due ferri con isolatori, ci stendo un filo di corrente che prendo dall’alto. Voglio che un animale che provi a passare ci metta il naso e prenda la scossa. Poi posiziono la video- trappola su uno dei pali vicino, e torno a casa. Sono già le 20,30. E piove
Dall’esame dei filmati avrò la sorpresa il giorno dopo, terminate le operazioni di smaltimento delle carcasse, e tornato sul buco, di vedere un gatto curioso prendere la scossa nel naso mentre è notte (e scattare via come si vede solo nei cartoni animati) Ma di vedere anche un lupo alle 9 del mattino, in pieno giorno, dopo un po’ di diffidenza, entrare dal buco prendendo la scossa, probabilmente, mentre sta già passando. Rimanendo quindi dentro ai recinti (credo di no) o trovando un altro punto da cui uscire che non ho ancora identificato (la cosa più probabile). Non ci sono infatti registrazioni video che l’animale sia uscito di nuovo da lì.
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