L’incantesimo malefico della terra di Dracula
Come in ogni weekend, sabato mattina 28 agosto 1999 con il furgone raggiunsi il mio punto vendita formaggi e miele, che si trova sulla strada fondovalle del fiume Panaro. Era da circa un anno che avevo aperto quella attività. A fianco del chiosco avevo posizionato due antichi carri di legno. Vi appoggiavo sopra i prodotti, come espositori. Al mio arrivo trovai una situazione che non mi sarei mai immaginato: nella notte ad uno dei due carri avevano rubato tutte e quattro le ruote di legno. A quell’altro ne mancavano due ed era ribaltato su un lato…
La mattina successiva, domenica 29, quando tornai sul sito per aprire il chiosco vidi che i ladri erano tornati, prendendo un’altra ruota. Una, l’ultima, era rimasta. Decisi quindi di lasciarla come esca… Ero certo che i ladri sarebbero tornati per finire il lavoro…
All’interno dei miei recinti, circa 50 metri a monte della strada asfaltata, corre parallelo l’antico tracciato sterrato della vecchia strada pubblica. Inizia circa trecento metri a nord dal piazzale dove ho il mio chiosco. Alle ore 23 di domenica quindi mi appostai dentro alla Fiat Ritmo su quella strada, in un punto dal quale potevo vedere comodamente il mio chiosco ed i carri. Ero tranquillo, con il buio sarei rimasto completamente invisibile. Presi con me in auto a farmi compagnia anche il gatto che avevo in quegli anni.
Al chiosco avevo messo un sofisticato sistema di allarme auto-costruito e programmato con una logica di PLC. Un sensore a vibrazione avvertiva ogni minimo colpo alle pareti del chiosco. Un fascio di luce di fotocellule modulato da specchi proteggeva tutta l’area. Quando veniva interrotto più di tre volte consecutive suonava una forte sirena, due luci arancioni lampeggiavano e un cellulare all’interno faceva partire una telefonata al mio numero fisso di casa. Il tutto alimentato da due batterie in serie da 12 volt. Le prime due notti le batterie erano scariche, ma per quella domenica sera le avevo ricaricate…
Alle ore 01 e 15 minuti della notte, quando ormai faticavo a rimanere sveglio, un auto station wagon (poteva essere una VW Passat, o un’ Alfa 33, o una Regata) si fermò nel piazzale. Scese una persona di grande stazza e si avvicinò al carro. Armeggiando per prepararsi a smontare l’ultima ruota, senza accorgersi oscurò ripetutamente il fascio delle fotocellule. L’allarme iniziò a suonare e lui precipitosamente risalì in auto, allontanandosi.
Mi immaginai che sarebbe tornato. Quatto quatto scesi al buio nei pascoli i 50 metri che mi separavano dalla strada. In mano la macchina fotografica ed il flash. Mi posizionai in agguato contro la recinzione che mi divideva dalla strada, rimanendo all’interno, e attesi. Dopo dieci minuti il malfattore ritornò. La sirena aveva cessato di suonare, ma le luci lampeggiavano ancora. Scese dall’auto e si avvicinò di nuovo al carro. Con lui scese anche un’altra persona. Da dove ero potevo leggere perfettamente la targa dell’auto. Al buio orientai la fotocamera e scattai una prima foto. Il flash illuminò l’area, i ladri risalirono in macchina precipitosamente e partirono in direzione nord, verso Vignola. Un minuto dopo li vidi tornare indietro, direzione Fanano. Io ero ancora contro la rete. Scattai altre due foto all’auto che veniva verso di me, frontalmente. Il flash illuminò anche gli occupanti in viso. Li avevo in pugno!
Ma la notte non era ancora finita…
I ladri, presi sul fatto e fotografati, tornarono di nuovo indietro sulla fondovalle… Probabilmente avevano capito dove iniziava la strada bianca che entrava nei miei pascoli e volevano venirmi a prendere… Mi colse il panico. Di corsa, al buio, mi avviai verso casa, per i prati e i boschi che conoscevo a memoria. Lasciai la Fiat Ritmo dove l’avevo parcheggiata per il mio appostamento, aperta, con pure il gatto dentro…
Impiegai almeno venti minuti per arrivare in casa. La targa oltre a fotografarla l’avevo anche letta bene, ma quando fui giunto al sicuro e feci per scriverla mi accorsi che ricordavo perfettamente solo la prima parte, ma non le ultime tre cifre…
Poco male, pensai, tanto ho le foto…
Era la prima volta che mi rubavano qualcosa. L’idea che per prendere ruote di legno che si potevano trovare in qualsiasi mercatino avessero rovinato due carri antichi che avevo sistemato con tanto lavoro mi faceva infuriare. In qualche modo dovevo fargliela pagare a quelle persone… Dovevano avere paura per quello che avevano fatto!!! E magari riportarmi le ruote…
Nell’attesa di avere le foto sviluppate mi inventai una storia…. e la raccontai insieme all’accaduto ad un mio amico che all’epoca scriveva per la Gazzetta di Modena… Lui, a conoscenza del fatto che mia moglie era rumena, mi prese sul serio… e uscì sul giornale con un articolo forse più unico che raro…
GLI RUBANO LE RUOTE DEL CARRO
C’è un maleficio per i ladri.
Pavullo. Gli rubano le ruote degli antichi carri, ma lui avverte i ladri “C’è un sortilegio della Transilvania.” E infatti due giorni dopo i ladri, tornati per completare il furto, vengono fotografati. Ora verranno intrappolati. E’ accaduto tutto tra venerdì 27 e domenica 29. I ladri hanno preso di mira l’area di vendita del formaggio e mile dell’azienda agricola Casa Capuzzola. Almeno due persone, in tre sere, hanno rubato le ruote a due vecchi carri agricoli.
L’azione è stata mirata e compiuta da persone esperte e decise, visto che non si sono arrese al primo tentativo (le ruote erano state fissate in maniera speciale agli assali) arrivando persino a ribaltare e smontare il carro. Il tutto nell’area vendita della azienda agricola Casa Capuzzola.
Parla il proprietario del carro, Dino Mazzini: “La rabbia è tanta, soprattutto nel vedere un pezzo di storia della famiglia rovinato per il valore di poche ruote di legno, che si possono trovare in qualsiasi mercatino per poche lire. Chi ha compiuto il furto non è un ragazzino in vena di scherzi, ma non può essere nemmeno un amante di cose antiche, non si rovinano così due carri interi appena restaurati solo per prendere le ruote. L’unica soddisfazione che ci rimane è sapere che queste persone si sono portate in casa oggetti con una maledizione portasfortuna: prima di lasciarli in strada i carri erano stati sottoposti ad uno speciale incantesimo ancora in uso in Transilvania che è causa di gravi sciagure famigliari e finanziarie per chi danneggia o sottrae cose altrui. A suo tempo avevamo fatto questa cosa poco convinti, dietro le insistenze dei parenti rumeni di mia moglie, che sono di quelle parti ed erano ospiti da noi. Dicono che l’incantesimo rumeno si sollevi solo al momento della restituzione del maltolto”
Fatto sta che alla terza sera (quando i ladri volevano completare il furto) i proprietari erano in agguato con le macchine fotografiche. Chissà se questa trovata dell’incantesimo malefico originario della terra di Dracula e dei vampiri e dell’autodifesa fotografica non sia veramente l’unica soluzione rimasta per proteggere le proprie cose.

Pensavo come ho scritto di avere in pugno quei ladri.
Ma mi sbagliavo..
Questo fu il dialogo con il mio fotografo, qualche giorno dopo che era uscito quell’articolo sul giornale…
“Ciao, come sono venute le foto?”
“Mah, è la prima volta che da te vedo una cosa del genere. Non c’è assolutamente niente nel rullino, buio totale. Se sicuro che è scattato il flash?”
“Assolutamente. Si è illuminata anche tutta la macchina all’interno, mentre venivano verso di me. Si dovrebbero vedere bene addirittura le loro facce…”
“Allora non c’è che una spiegazione: ricordi quando hai tolto il tappo dall’obiettivo?”
“No 🙁 🙁 “
Seguirono imprecazioni irripetibili per diversi minuti.
Feci fare delle ricerche al PRA su alcuni numeri di targa che mi sembravano i più probabili nel mio ricordo. Ma nessuno corrispondeva al modello di macchina Station Vagon che avevo visto io. Alla fine feci comunque denuncia ai Carabinieri, contro ignoti, ma le ruote non mi furono mai più restituite. Mi auguro comunque che gli abbiano portato veramente sfortuna.

